Come migliorare la produttività in Azienda: il ruolo delle HR
Consulenza

Come migliorare la produttività in Azienda: il ruolo delle HR

La divisione delle Risorse Umane affonda le sue radici ben prima della Rivoluzione Industriale, ma è solo dagli anni ’60 che inizia a strutturarsi come ambito organizzato all’interno delle aziende. Eppure, nonostante la sua lunga storia, il suo ruolo iniziale era tutt’altro che orientato al benessere del dipendente: l’obiettivo primario, infatti, era quello di aumentare la produttività, spesso anche a scapito delle persone. Con il passare del tempo, però, la visione è cambiata.

Oggi i dipendenti non sono più considerati semplici “numeri” o ingranaggi di una macchina, ma individui portatori di un bagaglio unico di competenze, esperienze e valori. Un capitale umano che, se ben gestito e valorizzato, può fare la differenza nella crescita dell’intera organizzazione.

Le HR moderne hanno abbandonato il ruolo puramente amministrativo per assumere una funzione strategica, diventando un vero ponte tra la direzione aziendale e i lavoratori. Si occupano di selezione, onboarding, formazione, benessere, e sviluppo dei talenti: ogni fase del ciclo lavorativo è un’occasione per generare valore.

In questo scenario, la consulenza HR proposta da Howay diventa una leva fondamentale per aumentare la produttività aziendale in modo sano, sostenibile e duraturo. 

Nei prossimi paragrafi andremo ad affrontare in sintesi i temi principali che ruotano intorno al mondo delle Risorse Umane, indispensabili non solo per selezionare i migliori candidati in cerca di un impiego, ma anche per migliorare il benessere aziendale, attraverso un clima interno più inclusivo e stimolante per tutti.

Il ruolo delle HR nelle Aziende e le divisioni interne

Come già anticipato, le Risorse Umane al giorno d’oggi non hanno più solo la funzione di supporto relegata alla gestione delle buste paga e dei contratti, in quanto il loro ruolo è diventato decisamente più complesso e ricco di sfaccettature, che prevede, tra le altre cose, il compito di garantire che l’organizzazione disponga delle competenze giuste, al momento giusto, nel posto giusto. In altre parole, sono le custodi del capitale umano, un asset prezioso quanto quello finanziario o tecnologico.

In molti contesti aziendali il reparto HR è affidato a poche persone, ma quando si parla di aziende di grandi dimensioni, diventa più strutturato con diverse divisioni specializzate, ognuna con un compito ben preciso. Per esempio, è prevista una figura che si occupa di selezione e recruiting, chi gestisce la formazione e lo sviluppo, chi monitora le relazioni sindacali, chi segue la salute e la sicurezza sul lavoro, fino ad arrivare a figure dedicate al tema Diversity & Inclusion, sempre più richieste nel panorama lavorativo attuale.

Non manca poi la parte legata alla gestione amministrativa dei dipendenti, che resta fondamentale, così come la comunicazione interna, indispensabile per mantenere un clima sereno e produttivo. Ogni divisione lavora in sinergia, contribuendo a costruire una cultura aziendale forte, che valorizzi le persone e ne favorisca la crescita.

Il vero valore delle HR moderne sta proprio in questa visione integrata: un dipendente soddisfatto e motivato è più produttivo, resta più a lungo in azienda e contribuisce al successo collettivo.

Tutto inizia, però, da una fase cruciale: la ricerca dei migliori talenti, come spiegheremo nel prossimo paragrafo.

Recruiting efficace: come trovare e trattenere nuovi talenti

Nel mercato lavorativo attuale è diventato ancora più complesso selezionare il personale idoneo all’azienda: se in alcuni settori i candidati sono numerosi e con esperienze variegate, in altri trovare le qualifiche giuste potrebbe rappresentare un’impresa titanica. In ogni caso, le HR devono adottare strategie di Talent Acquisition orientate non solo alla selezione, ma anche alla costruzione di un rapporto di valore con i candidati. 

Il punto di partenza è un employer branding solido, sia per le aziende strutturate, che per le startup che si traduce in un’identità chiara e coerente, valorizzata da una comunicazione autentica sui social e nei canali digitali. Studi recenti dimostrano che oltre il 75% dei candidati controlla online la reputazione del brand prima di inviare il proprio curriculum; un EVP (Employee Value Proposition) ben definito, che evidenzi cultura, inclusività e percorsi di crescita, può ridurre i costi di assunzione fino al 50%! 

Tra le tecniche più utilizzate è presente il programma di referral, ovvero il coinvolgimento dei dipendenti come ambasciatori del brand: i referral generano candidature di qualità, più veloci da gestire e con tassi di fidelizzazione superiori. Inoltre, strumenti come l’e-recruitment e gli Applicant Tracking System (ATS) permettono di pubblicare offerte, filtrare CV e gestire colloqui in modo centralizzato e scalabile, rendendo il processo più trasparente e monitorabile.

Non manca l’impiego dell’intelligenza artificiale per lo screening automatico dei candidati e l’analisi dei dati sui processi di selezione. Ciò libera tempo e risorse, consentendo alla funzione HR di focalizzarsi su decisioni strategiche.

Chiaramente è fondamentale mantenere un canale di comunicazione attivo con i candidati, attraverso webinar, welfare employer brand content e sondaggi mirati, per migliorare continuamente la candidate experience e favorire percorsi di sviluppo reciproco. Con una strategia ben strutturata, che valorizza la ricchezza del singolo, si contribuisce a contrastare pregiudizi e disparità, per non escludere nessuno.

Diversity, Equity & Inclusion: rendere il lavoro più inclusivo

Tutt’oggi, purtroppo, disparità di genere, età e abilità pesano pesantemente sui processi di selezione. Parliamo di diversità e inclusione non per moralità fine a se stessa, ma in quanto leve reali di produttività e innovazione. Il gender gap, per esempio, oltre ad essere iniquo, riduce il potenziale di crescita delle aziende. Secondo recenti indagini, aumentare la presenza femminile nei ruoli dirigenziali fino al 20% può tradursi in una crescita di produttività dello 0.6% a livello aziendale. Allo stesso modo, studi di Gallup dimostrano che team misti ottengono ricavi e profitti mediamente superiori del 14–19% rispetto ai gruppi mono-genere.

Un altro tipo di disparità, ancora troppo presente in Italia, è l’ageismo, che si manifesta quando candidati più maturi vengono scartati in favore di risorse più giovani, indipendentemente dalle competenze, o viceversa, quando i dipendenti giovani vengono esclusi da ruoli dirigenziali solo per un fattore di età e non per una reale mancanza dei requisiti. Questo atteggiamento non solo discrimina professionalità potenzialmente valide, ma impoverisce l’azienda di esperienza e stabilità. La parola “inclusion” infatti significa dare voce a tutti, valorizzando le diversità come fonti di arricchimento e resilienza organizzativa.

Le aziende che adottano selezioni inclusive ottengono team più creativi e capaci di fare scelte migliori: secondo analisi sul tema, squadre ben bilanciate in termini di diversità hanno una capacità di problem solving superiore grazie alla varietà di punti di vista. Chi include diversità, inoltre, attrae talenti di qualità e migliora la retention: secondo un report di Mercer, i team inclusivi hanno tassi di abbandono del 50% inferiori rispetto ad organizzazioni più omogenee.

Per ridurre le disparità, le HR devono adottare misure concrete: job ad anonimi, uso di metriche oggettive, formazione su bias inconsci e monitoraggio dei dati di selezione, solo per fare qualche esempio.

Onboarding aziendale: come farlo in modo efficace

Superata la fase di selezione, inizia il processo di onboarding aziendale, che non prevede solo il rilascio di un badge con una breve presentazione dell’azienda; si tratta della porta d’ingresso per far sì che il nuovo collaboratore si senta subito parte della squadra e contribuisca attivamente con il proprio bagaglio di competenze. Le aziende che curano questa fase registrano un incremento della retention fino all’82%, dimostrando quanto sia determinante nei primi mesi. 

Ecco le principali fasi di un onboarding efficace:

  1. Pre-onboarding: qualche giorno prima del primo giorno di lavoro, l’HR prepara la dotazione necessaria (PC, badge, documenti), invia una mail di benvenuto e anticipa l’incontro con un collega tutor dedicato. 
  2. Accoglienza e orientamento: il responsabile accoglie il neoassunto, presenta il team, illustra vision, mission e valori aziendali e rende chiaro il ruolo.
  3. Formazione mirata: nei primi giorni si attiva una formazione tecnica e comportamentale, con corsi su sistemi aziendali, policy di sicurezza e procedure operative.
  4. Integrazione sociale: eventi informali (team lunch, pranzi di benvenuto, attività di team building) aiutano a creare legami relazionali tra nuovi e vecchi colleghi. 
  5. Affiancamento personalizzato: un tutor supporta il nuovo assunto nelle prime settimane, rispondendo a dubbi e agevolando l’inserimento. 
  6. Follow-up: si effettuano incontri di verifica periodici per raccogliere feedback, monitorare progressi e correggere eventuali gap. 

L’obiettivo è quello di accelerare il time-to-performance, rafforzare l’engagement, ridurre il turnover e consolidare una cultura aziendale condivisa; il risultato è un dipendente motivato che entra in gioco già dai primi giorni. 

Una volta che l’onboarding aziendale ha avuto successo, è importante che le HR supportino continuamente il benessere e la motivazione dei dipendenti, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Benessere e motivazione: lavorare sul clima aziendale 

Lavorare sul benessere dei dipendenti significa migliorare la produttività e ridurre il turnover, così come i costi per delle nuove assunzioni. Le HR giocano un ruolo fondamentale nel costruire un ambiente di lavoro in cui le persone si sentano valorizzate, ascoltate e coinvolte.

Un primo passo riguarda le politiche di inclusione, anche tenendo conto dei fondi e dei finanziamenti messi a disposizione dallo Stato e dalle Regioni. Parità di genere, valorizzazione delle diversità culturali, generazionali e di abilità diventano pratiche indispensabili per creare una cultura aziendale più equa e sostenibile. Chiaramente le strategie da adottare sono diverse e personalizzate in base al contesto lavorativo: talvolta potrebbe essere necessario un adeguamento fisico delle postazioni per lavoratori disabili, oppure fornire supporto alle neomamme affinché possano bilanciare serenamente casa e lavoro.

Un altro pilastro è la formazione continua, che migliora le competenze, comunica fiducia e possibilità di crescita. In questo modo, opportunità di carriera ben delineate, percorsi di mentoring e coaching, corsi personalizzati sulle soft e hard skill diventano risorse preziose per mantenere alta la motivazione e per rispondere ad ogni esigenza, che si parli di upskilling oppure reskilling.

Un clima aziendale sereno dipende anche dai rapporti che i dipendenti riescono ad instaurare tra loro; quando un team si mostra particolarmente collaborativo, anche i progetti risentono dello stesso successo. A tal proposito, le attività di team building giocano un ruolo importante, attraverso attività ludiche, creative o outdoor che rafforzano i legami e il senso di appartenenza, soprattutto in contesti ibridi o in smart working.

Per quanto riguarda la componente economica, i benefit aziendali sono un’ottima strategia, capace di migliorare la retention e la reputazione dell’azienda agli occhi dei candidati esterni. Si parla, per esempio, di flessibilità oraria, buoni pasto, welfare aziendale, supporto psicologico, abbonamenti in palestra o convenzioni per i trasporti. Tutto ciò contribuisce a migliorare sia la qualità della vita lavorativa, sia il benessere familiare del singolo dipendente.

Work Life Balance: proteggere l’equilibrio tra vita e lavoro

Un aspetto ancora troppo trascurato nel contesto lavorativo è il Work Life Balance, ovvero l’equilibrio tra il proprio impiego e la vita privata, che rappresenta un bisogno cruciale per prevenire burnout e aumentare la fidelizzazione: le aziende con politiche solide in questa direzione registrano un incremento del 25 % nella retention, una minore assenza per stress e una produttività ottimizzata. In questo senso, le HR hanno il compito di progettare ambienti in cui il lavoro e la vita personale convivono in modo armonico.

Tra le leve più efficaci troviamo:

  • Flessibilità oraria e smart working regolamentato: modelli ibridi e gestione autonoma del tempo consentono ai dipendenti di gestire meglio esigenze personali e familiari, con evidenti benefici su motivazione e performance.
  • Rispetto dei confini tra lavoro e tempo libero: stabilire orari precisi, vietare email fuori orario e promuovere il diritto alla disconnessione, riduce lo stress, migliora la soddisfazione e previene la dispersione di energia.
  • Formazione manageriale: è fondamentale che i responsabili riconoscano segnali di sovraccarico e supportino i collaboratori non solo operativamente, ma anche sul piano umano.
  • Supporto al benessere fisico e mentale: strumenti di welfare aziendale come consulenze psicologiche, lezioni di mindfulness e iniziative legate allo sport migliorano l’equilibrio tra vita e lavoro.
  • Fornire adeguata formazione: uno dei problemi dello stress da lavoro correlato è anche quello di non avere adeguata preparazione per compiti più complessi e con maggiori responsabilità.
  • Comunicazione aperta e ascolto attivo: il clima aziendale migliora se si raccolgono esigenze individuali, come suggerito anche dall’approccio Howay, adottando soluzioni personalizzate.

Tutte queste misure contribuiscono a creare un ambiente di lavoro meno coercitivo, dove viene data importanza anche alle esigenze del singolo dipendente, per garantire il suo benessere, quello dei colleghi e dell’intero ecosistema aziendale. Ma come si possono misurare questi aspetti all’interno dell’azienda? Nel prossimo paragrafo approfondiremo il tema dell’analisi del clima aziendale.

Analisi del clima aziendale

Per garantire ambienti di lavoro sani, inclusivi ed efficienti, è fondamentale analizzare periodicamente il clima aziendale. Questo processo consente di intercettare disagi, valorizzare i punti di forza interni e agire in modo mirato sul benessere delle persone.

Noi di Howay supportiamo da anni le aziende, agendo su più fronti per aumentare la produttività, senza incidere negativamente sul benessere dei singoli dipendenti. Per esempio, attraverso l’adozione di politiche di lavoro inclusive, pacchetti formativi strutturati e in linea con le esigenze del mercato, così come una consulenza HR personalizzata e in linea con gli obiettivi aziendali. 

Non solo, Howay è anche un ente certificato per l’utilizzo del Thomas International HPTI Assessment, uno strumento che permette di individuare i tratti di personalità dei dipendenti, per valutarne il potenziale e l’eventuale predisposizione a ruoli manageriali o a specifici percorsi di formazione. Grazie a questo strumento, le aziende possono costruire team più armonici, migliorare la comunicazione interna e fare scelte più consapevoli su leadership e sviluppo delle risorse.

Il monitoraggio del clima aziendale comprende anche il Whistleblowing, reso obbligatorio dalla Direttiva UE 2019/1937, uno strumento che consente ai lavoratori di segnalare comportamenti illeciti o scorretti in modo anonimo e sicuro, tutelando così la trasparenza e l’etica aziendale. Un sistema ben implementato permette non solo di prevenire rischi legali e reputazionali, ma anche di rafforzare il senso di fiducia tra collaboratori e management.

In sostanza, analisi e ascolto strutturato, come nel caso dell’HPTI, così come segnalazioni tutelate tramite il Whistleblowing diventano strumenti essenziali per conoscere a fondo la propria azienda per migliorarla in ogni sua parte.

Per ricevere maggiori informazioni e una consulenza personalizzata, invitiamo a compilare la scheda contatti.

Approfondimenti:

Scopri di più

continua a leggere

Ultimi novità e aggiornamenti