Buoni Pasto in Busta Paga: come si richiedono
Formazione privata

Buoni Pasto in Busta Paga: come si richiedono

I buoni pasto, conosciuti anche come “ticket restaurant”, sono tra i benefits aziendali più richiesti dai dipendenti, in quanto prevedono la copertura dei costi, o di una parte di essi, del servizio mensa.

In sostanza, consentono di consumare il pranzo o la cena in un esercente convenzionato, che potrebbe essere una mensa esterna oppure un ristorante, quando non è presente il servizio ristoro nella struttura aziendale.

I vantaggi per il lavoratore si possono facilmente intuire: in prima istanza si risparmiano i costi rispetto a recarsi autonomamente in un locale che prepara pranzi di lavoro, si risparmia anche il tempo di preparazione di un pasto bilanciato a casa e risulta comodo soprattutto per i dipendenti che hanno turni spezzati dalla pausa pranzo.

Diversi dipendenti preferiscono i buoni pasto in busta paga, ma come è possibile richiederli? Nei prossimi paragrafi approfondiremo la questione secondo le normative vigenti, facendo presente che è disponibile il corso dedicato alla Lettura della Busta Paga, che ti aiuta ad individuare non solo i benefits aziendali, ma anche altre voci ed elementi di retribuzione.

Cosa sono i Buoni Pasto e come vengono erogati

I buoni pasto sono uno strumento riconosciuto ai lavoratori per accedere a un servizio sostitutivo di mensa, in alternativa alla classica pausa pranzo aziendale. Il loro valore è riportato direttamente sul buono stesso e può essere utilizzato per acquistare pasti pronti o generi alimentari presso esercizi convenzionati. Si tratta di un benefit diffuso che, pur non essendo obbligatorio per legge, rientra in molte politiche aziendali legate al welfare.

Secondo quanto previsto dal D. Lgs. 36/2023, allegato II.17, i buoni pasto possono essere cartacei o elettronici, ma devono rispettare precisi requisiti formali. Sono personali, non cedibili né commercializzabili e possono essere utilizzati solo dal titolare, per un massimo di otto buoni per volta. Inoltre, sono validi anche per lavoratori part-time o senza pausa pranzo, così come per collaboratori non subordinati.

Nel formato cartaceo, ogni buono deve riportare elementi obbligatori distintivi come il codice fiscale del datore di lavoro, il valore facciale, la scadenza, lo spazio per firma e data di utilizzo, oltre alla dicitura che ne specifica l’uso limitato. Nella versione elettronica, queste informazioni sono associate digitalmente al carnet e tracciate al momento dell’utilizzo tramite un codice identificativo univoco.

L’erogazione avviene generalmente in busta paga o attraverso piattaforme digitali, con modalità stabilite in sede contrattuale tra azienda e lavoratore. Si tratta dunque di uno strumento regolamentato e tracciato, pensato per semplificare la pausa pranzo senza rinunciare ai controlli previsti per la spesa aziendale.

Differenza tra Buoni Pasto e Indennità Sostitutiva di Mensa

Spesso si tende a confondere i buoni pasto con l’indennità sostitutiva di mensa, ma si tratta di due strumenti distinti sia nella forma che nella gestione fiscale. I buoni pasto, come previsto dal D. Lgs. 36/2023 citato in precedenza, sono titoli di legittimazione che permettono al lavoratore di accedere a un servizio sostitutivo di mensa presso esercizi convenzionati. L’indennità sostitutiva, invece, consiste in un importo in denaro erogato direttamente in busta paga per compensare l’assenza della mensa aziendale.

La differenza più rilevante riguarda il trattamento fiscale e previdenziale. I buoni pasto sono parzialmente esentasse: fino a 4 euro al giorno per quelli cartacei e 8 euro per quelli elettronici, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente né sono soggetti a contribuzione INPS. Questo li rende particolarmente vantaggiosi sia per il lavoratore, che riceve un benefit non tassato, sia per il datore di lavoro, che può dedurre il costo sostenuto dal reddito d’impresa.

Al contrario, l’indennità sostitutiva di mensa viene trattata come retribuzione a tutti gli effetti, quindi è soggetta a tassazione IRPEF e a contributi previdenziali, incidendo sul costo totale per l’azienda e sul netto percepito dal lavoratore.

Dal punto di vista operativo, l’indennità risulta più semplice da gestire, ma meno vantaggiosa sul piano fiscale, motivo per cui molte aziende preferiscono adottare i buoni pasto come soluzione più efficiente per il welfare aziendale e il contenimento dei costi.

Come si richiedono i Buoni Pasto in Busta Paga?

Di norma, l’erogazione dei buoni pasto non avviene su richiesta spontanea del dipendente, ma è una scelta del datore di lavoro, regolata da accordi interni, dal contratto collettivo applicato o da eventuali accordi aziendali. In alcuni casi può essere prevista la possibilità per il lavoratore di aderire o rinunciare al servizio, ma non è un diritto automatico. La richiesta, quando ammessa, va fatta seguendo le modalità indicate dall’azienda, di solito attraverso l’ufficio HR o il portale interno.

Un dubbio comune riguarda i buoni non utilizzati: cosa succede se restano inutilizzati? I buoni hanno una scadenza (indicata sul titolo cartaceo o memorizzata nel carnet elettronico) e non possono essere rimborsati, convertiti in denaro né ceduti ad altri colleghi. Dunque, una volta scaduti, perdono validità e non possono essere sostituiti. Per questo motivo è importante tenere sotto controllo le date e utilizzare i buoni prima della loro scadenza.

Infine, molti si chiedono se sia possibile richiedere il valore dei buoni in busta paga, magari come importo in denaro, ma la risposta è no. I buoni pasto non sono monetizzabili e non possono essere sostituiti da un corrispettivo in retribuzione. Questo perché non rientrano nella paga base, ma costituiscono un benefit accessorio a uso esclusivamente alimentare, con finalità legate al benessere del lavoratore e non alla sua remunerazione.

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